L'imprenditore del III Millenio


Potrebbe sembrare un eufemismo parlare di “imprenditore del terzo millennio”, ma non lo è; la turbolenza degli eventi di natura politica, sociale, economica e finanziaria degli ultimi tempi, e la rapidità con cui si manifestano, sembrano confermarlo.

L’imprenditore deve essere pronto, giorno dopo giorno, ad adattarsi a tali eventi, ad adattare la propria impresa a tali turbolenze, e può permetterselo solo se è lui ad avere il “polso della situazione” sulla propria impresa, solo se è in grado di conoscerne le reali potenzialità, i punti di forza e i punti di debolezza della sua impresa.
Come nel campo dell’edilizia è arrivato il momento di progettare costruzioni con fondamenta sempre più solide, per l’imprevedibilità degli eventi meteorologici, così nel campo industriale è arrivato il momento di progettare imprese con strutture gestionali che permettano di affrontare i “terremoti” che minacciano la solidità imprenditoriale.
Per anni l’imprenditore ha vissuto il presente come il passato e il futuro come il presente, adattandosi di volta in volta alla realtà del momento, che era sicuramente più controllabile, più facilmente gestibile.
Gli obiettivi imprenditoriali venivano fissati sul breve periodo e difficilmente intervenivano squilibri tali da doverli, tempestivamente, rivedere. Le risorse finanziarie erano altrettanto programmabili e difficilmente si avvertiva l’esigenza di dover ricorrere a soluzioni drastiche.

Ora diventa quanto mai indispensabile essere in grado di saper sfruttare al massimo la flessibilità della propria impresa, se si è riusciti a creare una struttura in tal senso, o a crearla, se ancora manca: si possono rinforzare i “muri portanti”, e questo è possibile adattando le proprie capacità gestionali alla nuova “era” imprenditoriale.
Il progetto di costruzione dell’impresa del terzo millennio è rappresentato nello Schema 1, uno modello di riferimento che, se fino a qualche anno fa, era adattabile a realtà imprenditoriali di certe dimensioni, ora deve diventare imprescindibile anche per le microimprese produttive indifferentemente di beni o servizi.

Analizziamolo.


La  Pianificazione Strategica” è il processo di gestione delle risorse aziendali che interviene sul medio-lungo periodo, attraverso l’individuazione di obiettivi di medio-lungo termine, definiti in arco temporale di 3-5 anni, e alla individuazione delle linee strategiche per raggiungerli.Tali obiettivi saranno rappresentati nel “Piano Strategico”: obiettivi di diversificazione del prodotto, inserimento in nuovi mercati, ristrutturazioni organizzative, ecc.  Pianificare il futuro permette, già oggi, di organizzare risorse in tal senso - umane, finanziarie e fisiche - cominciando a percepire se la struttura sarebbe in grado, autonomamente, o con risorse suppletive, di modificare la propria strategia, se il futuro lo richiederà.
Si tratterà di arrivare alla individuazione di previsioni economiche per gli anni di pianificazione e alla individuazione degli eventuali investimenti da effettuare, nonché delle fonti di finanziamento che dovrebbero rendersi disponibili.
Il Piano strategico è, in gergo, “scorrevole”: ogni anno trascorso richiederà una ripianificazione degli obiettivi sulla base delle modifiche intervenute nella gestione conclusa, mantenendo invariato l’arco temporale di riferimento.
Ovviamente, definire la strategia futura dell’impresa richiede una visione a 360 gradi dell’impresa stessa, con una buona conoscenza e analisi accurate del contesto di operatività presente e futura, in termini di settore di appartenenza e di mercato che, non dimentichiamolo, sarà sempre di più “globale”. Quindi, una strategia definita dall’imprenditore e dai suoi più stretti collaboratori o dagli amministratori.
Una visone più “quotidiana” della gestione aziendale la dà il “controllo di gestione” che richiederà, per completezza, anche una fase di programmazione.

Il “Controllo di Gestione” è un processo con le medesime caratteristiche della pianificazione, ma rapportato ad un arco temporale breve: tipicamente l’anno di riferimento.

Gli obiettivi del primo anno del piano strategico vengono distribuiti tra i responsabili aziendali individuati, in base ai compiti definiti di ognuno; verranno riesaminati nel dettaglio,  e ridefiniti nel “Budget”: strumento di programmazione dell’attività imprenditoriale e di controllo dei risultati, al fine di valutare eventuali scostamenti dagli obiettivi prefissati, e poter intervenire tempestivamente con azioni correttive. Affinché il budget assolva la sua funzione di strumento di programmazione e controllo è necessario che per ogni obiettivo vi sia un responsabile della sua realizzazione.
Il Budget è uno strumento utile per scopi “interni” aziendali, non un documento per informare i terzi; ogni azienda può quindi raggiungere diversi livelli di dettaglio, l’importante è che il grado di dettaglio della programmazione sia congruente con le possibilità di controllo successivo.
“Controllare”, in questo caso, è sinonimo di guidare, decidere, dirigere in modo programmato e coordinato.
Il “Budget”, quindi, per l’imprenditore, come il “Sestante” per il navigatore, affinché non navighi più a vista, ma secondo una rotta ben definita, permettendogli di ritrovarla tempestivamente quando la perde.
Non dimentichiamo che “il tempo è denaro” e le dispersioni temporali sono dispersioni di risorse finanziarie! Ecco perché la programmazione e la successiva fase di controllo dovrebbero realizzarsi su tempi ancora più brevi: la singola operazione; il “Controllo Operativo” sul compito specifico, sulla fase di lavorazione, tra quanto ordinato e consegnato è un ulteriore supporto nel raggiungimento dell’efficienza.
Per la definizione di efficienti obiettivi aziendali è necessario però conoscere l’economicità delle diverse alternative, ossia i relativi costi e i relativi ricavi. Conoscenze che richiedono un grado di informazione preventiva e consuntiva analitica, ottenibile solo attraverso il sistema (informativo) di contabilità analitica.

La “Contabilità Analitica” è quel sistema di raccolta dati aziendale al fine della determinazione del costo e del ricavo di qualsivoglia oggetto di analisi (singole combinazioni produttive, singoli reparti, singoli progetti, prodotti o servizi), raccogliendo i dati per “destinazione”, ossia destinando i costi e i ricavi all’oggetto di analisi.
Peraltro, le informazioni fornite dalla contabilità analitica possono servire per orientare i prezzi di vendita, valutare il magazzino, controllare i costi e l’efficienza aziendale.
Tutt’altro rispetto alla “Contabilità Generale” che, raccogliendo i dati per “natura” (stipendi e salari, costi per servizi, costi per godimento di beni di terzi, ecc.) si rende necessaria per la predisposizione del “Bilancio”: tipico strumento rivolto essenzialmente ai terzi da cui è possibile trarre utili informazioni sullo “stato di salute”dell’azienda, sotto il profilo economico e finanziario. 

Indubbiamente nella fase di controllo della gestione è necessario avere la disponibilità di dati consuntivi,  che proverranno da una contabilità generale, ma elaborati a fini interni, con una impostazione certamente diversa rispetto a quella imposta dalle normative civilistiche o fiscali di riferimento.

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